martedì 18 febbraio 2014

Linguaggio e Musica - Seconda parte - La Musica


La gente crede oggi che gli uomini di scienza siano lì per istruirci,
ed i poeti e i musicisti ect., per rallegrarci.
Che quest'ultimi abbiano qualcosa da insegnare non le viene in mente.
L. Wittgenstein, Pensieri diversi (1980)

All’inizio ci fu il SUONO.

Nell’evoluzione dell’uomo il suono puro precede storicamente la parola.
La comunicazione primitiva e tribale, presumibilmente, faceva uso di suoni e non di parole.
Nell’osservazione dello sviluppo della personalità e del corpo di un essere umano si può identificare, già dai primi mesi fetali (1), l’ascolto come funzione primaria del corpo. L’udito diventa così primo organo di comprensione e di relazione con il mondo: il bambino piange, si ascolta e già comprende che anche lui può essere ascoltato. Successivamente il bambino percuote un oggetto e prova piacere nell’ascoltare ripetutamente quel suono da lui stesso prodotto. L’udito rappresenta quindi la funzione primaria della conoscenza e della relazione: ascolto e mi ascolto quindi esisto per gli altri e per me stesso.
Per l’umanità ancora in fasce e per l’uomo stesso in fase di crescita, il suono si manifesta prima della parola.
Dopo aver così stabilito l’udito quale fattore principale e primordiale di conoscenza e relazione, possiamo considerare la musica come la razionalizzazione e la successiva organizzazione di una serie di suoni in un modo ben definito. In uno strumento musicale di tradizione occidentale questa strutturazione dei suoni è chiamata scala cromatica ed è organizzata a gruppi di ottave.
 La creazione della musica è data dal preciso ordine che viene stabilito nella successione delle note che diventano frasi musicali e ritmiche strutturate in relazione ad un determinato stile e componimento musicale.
Mentre la funzione della parola nel linguaggio è quella di segno verbale, la funzione della nota musicale è un segno sonoro dal significato indefinito.
Ma questa indefinitezza del linguaggio musicale non  è carenza dialettica, bensì essa è una precisa possibilità metadialettica che la musica può realizzare.
L’energia che il corpo libera per la produzione della musica si riversa come pura espressione nello spazio. Questa espressione umana che si realizza in vibrazioni sonore è capace di colpire i nostri sentimenti e perfino il nostro corpo in maniera sensibile: ci può far ridere, piangere, commuovere, ci fa battere i piedi o ci può far muovere la testa o tutto il corpo - in alcuni casi può produrre stati vicini alla perdita dei sensi, per altri può indurre estasi – .
In ogni caso la musica produce ‘segni’ o ‘significati’ che sono ‘oltre’ la parola - in questo senso ho prima accennato alla metadialettica come funzione della forma musicale - e che noi percepiamo in modo individuale in base alla nostra sensibilità e alla nostra emotività.
Un’altro aspetto da considerare riguardo la musica è rappresentato dalla differenza di chi ‘fa musica’ e di chi ‘usufruisce’ della musica.
Per esempio nell’ascolto, la percezione che si ha è come quella di ‘qualcun altro che sta esprimendo i nostri sentimenti’, mentre se invece siamo noi a fare musica e come se noi sentissimo il bisogno ‘di esprimere i sentimenti di qualcun altro' (3).
Altre considerazioni importanti vengono alla luce considerando l'espressione drammatica della musica come rappresentazione di realtà. Le tensioni che vengono continuamente risolte sono un elemento costitutivo del 'potere' della musica (4).
Questi elementi posseggono una propria intrinseca capacità 'morale' capace di trasformare la classica immagine del bene e del male: la concettualità con la quale si è soliti definire questi 'oggetti' filosofici, come il bene ed il male, sparisce a causa dell'esigenza intima della natura della musica stessa. 
Tutte le logiche che nel pensiero e nel linguaggio fanno parte del 'problema morale' vengono definitivamente risolte nella musica: le tensioni (dissonanze, manipolazioni del volume, tessiture, intervalli etc.) si realizzano sempre, in risoluzioni (lunga durata delle note, linee melodiche discendenti, pause, consonanze armoniche etc), in un continuo 'climax and relax' (5).
La musica per vivere e manifestarsi ha bisogno di tensioni che si risolvono. In questo senso essa ci ammonisce come se il male che percepiamo e 'sentiamo' (6) nella vita stessa, fosse semplicemente il frutto di una nostra  ignoranza.
Questa modo 'unificante', costitutivo della stessa musica e dell'esperienza musicale, determina il 'valore' della musica  come espressione non solo artistica, ma extra-artistica e metafisica.
L'emozione come qualità della musica è pura verità che si concretizza. Emozione non visiva e concettuale, la musica nella sua espressione racchiude un mistero universale e nel realizzare una realtà ci mostra come si possa ottenere un risultato, creando continue relazioni essenziali fra gli elementi dei processi che la manifestano.





Note al testo
(1) Alfred Tomatis, medico e psicologo francese,  ha prodotto numerosi saggi sull'ascolto e sull'orecchio e sull'udito.
(2)Solitamente questa scala cromatica viene insegnata nelle scuole americane con indirizzo moderno e non classico, come un alfabeto musicale, considerando le note come primi elementi per la composizione di ‘frasi musicali’.
(3) citato virgolettato da "lLangelo con il fonografo" Evan Eisenberg Edizioni Instar libri 1997.
(4) Per il concetto di "tensione" e risoluzione" nella musica consultare Aebersold vol.1 - How to improvvise jazz 
(5) Il termine inglese 'Climax' si può tradurre come 'raggiungimento del punto di massima tensione'. La parola definisce un processo nel quale 'Relax' - altro termine inglese - si può tradurre come 'il momento del rilascio della tensione stessa'.
(6) Il verbo 'sentire' come 'prensione' e 'comprensione', come 'ascolto' di cose e non altro.


2014@jahro'

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