Il linguaggio dell’uomo riflette la mentalità
dell’uomo.
C’è uno inter-scambio continuo tra mentalità che si trasforma in
linguaggio e linguaggio che si trasforma in mentalità. Il linguaggio parlato ed
il linguaggio scritto si sforzano di creare relazioni o di far luce sulle
relazioni stesse.
Il linguaggio parlato è spontaneo: prodotto in
un dato momento si rivolge a dei precisi interlocutori. Esso ha lo svantaggio
di non poter eliminare eventuali errori grammaticali e lessicali, ma è pur
sempre presente la possibilità della correzione di eventuali errori concettuali,
durante lo svolgersi della conversazione stessa.
Il linguaggio parlato assume così le modalità
di una forma che è propria dell'improvvisazione musicale: percepisco le cose che devo comunicare ma non
so esattamente cosa dirò; solo nel momento in cui la voce esprimerà i concetti
in parole, in gesti, in posture, il mio parlato troverà la sua realizzazione. Inoltre si rende necessario creare un dialogo con gli interlocutori, quindi bisogna esser capaci di ascoltare come si è capaci di parlare, esattamente le stesse modalità che si creano in un gruppo jazzistico nel quale l'improvvisatore di turno deve non solo saper ascoltare la propria voce musicale interiore, ma nello stesso tempo deve essere in grado di interagire con gli altri musicisti e quindi deve essere capace di saper ascoltare gli altri oltre che se stesso.
Il testo scritto invece ha la possibilità di
essere perfettamente meditato.
Flessibile e suscettibile di modifiche e
perfezionamenti, permette nell’esposizione di concetti di essere accurati e
precisi, inoltre la sua fruibilità risulta indeterminata nel tempo e nel numero
di individui raggiungibili. Ma la scrittura ha il limite di non poter
trasmettere informazioni che la voce ed il corpo invece mettono ben in evidenza,
infatti le informazioni espresse con la gestualità
non possono essere trasmesse con la scrittura in modo altrettanto efficace.
Il
linguaggio scritto può essere pensato quindi come una forma di composizione musicale:
ho un’idea con la quale posso creare un qualcosa che può sempre essere cambiato
se la mia ‘tonalità emotiva’ lo richiede, ma nello stesso tempo quando esso
sarà compiuto, questo ‘tono emotivo’ sarà ri/trasmesso solo dall’interprete, in
mancanza di altri segni di interpretazione che la scrittura stessa è
impossibilitata a trasmettere.
Una
considerazione che emerge da questa analisi del linguaggio parlato e scritto è data da quel
simbolismo intrinseco (1) del linguaggio stesso che specificamente rimanda a
fattori di realtà che non sempre rappresentano la realtà stessa; inoltre nel
linguaggio si instaura una necessità di comunicazione che contiene delle
problematiche importanti da considerare: per esempio tra diversi interlocutori
sarà impossibile stabilire se l’interpretazione data da uno di essi, attraverso
l’uso di determinate parole e che si riferisce ad una determinata esperienza
reale, possa essere realmente interpretato dall’altro interlocutore con lo
stesso senso che era stato pensato inizialmente dal primo soggetto esprimente,
quindi il linguaggio può essere inteso come un’espressione non perfettamente
realizzata di ‘realtà’: il simbolo del linguaggio non è fruibile e percettibile
a tutti nello stesso identico modo, la realtà potrebbe restare la mia realtà o
addirittura la mia realtà può essere imposta come la ‘Realtà’, "generando
anche inganno e violenza" – per parafrasare una frase gorgiana.
Note di questa prima parte:
(1) Per Whitehead il
simbolismo del linguaggio è un simbolismo più profondo del simbolismo dell’architettura,
dell’araldica o di altri tipi di simbolismi che sono suscettibili di essere
accettati o meno in base ai sentimenti di una determinata epoca storica. Consultare il testo: Symbolism,
Its Meaning and Effect - Chapter 1,1 (in edizione italiana: A. N. Whitehead - Simbolismo - Raffaello Cortina Editore) per l'approfondimento di questo aspetto del linguaggio.
2014@jahro'
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