sabato 15 febbraio 2014

Linguaggio e Musica: Prima Parte - Il Linguaggio




Il linguaggio dell’uomo riflette la mentalità dell’uomo. 
C’è uno inter-scambio continuo tra mentalità che si trasforma in linguaggio e linguaggio che si trasforma in mentalità. Il linguaggio parlato ed il linguaggio scritto si sforzano di creare relazioni o di far luce sulle relazioni stesse.
Il linguaggio parlato è spontaneo: prodotto in un dato momento si rivolge a dei precisi interlocutori. Esso ha lo svantaggio di non poter eliminare eventuali errori grammaticali e lessicali, ma è pur sempre presente la possibilità della correzione di eventuali errori concettuali, durante lo svolgersi della conversazione stessa.
Il linguaggio parlato assume così le modalità di una forma che è propria dell'improvvisazione musicale: percepisco le cose che devo comunicare ma non so esattamente cosa dirò; solo nel momento in cui la voce esprimerà i concetti in parole, in gesti, in posture, il mio parlato troverà la sua realizzazione. Inoltre si rende necessario creare un dialogo con gli interlocutori, quindi bisogna esser capaci di ascoltare come si è capaci di parlare, esattamente le stesse modalità che si creano in un gruppo jazzistico nel quale l'improvvisatore di turno deve non solo saper ascoltare la propria voce musicale interiore, ma nello stesso tempo deve essere in grado di interagire con gli altri musicisti e quindi deve essere capace di saper ascoltare gli altri oltre che se stesso.

Il testo scritto invece ha la possibilità di essere perfettamente meditato.
Flessibile e suscettibile di modifiche e perfezionamenti, permette nell’esposizione di concetti di essere accurati e precisi, inoltre la sua fruibilità risulta indeterminata nel tempo e nel numero di individui raggiungibili. Ma la scrittura ha il limite di non poter trasmettere informazioni che la voce ed il corpo invece mettono ben in evidenza, infatti le informazioni espresse con la gestualità non possono essere trasmesse con la scrittura in modo altrettanto efficace.
Il linguaggio scritto può essere pensato quindi come una forma di composizione musicale: ho un’idea con la quale posso creare un qualcosa che può sempre essere cambiato se la mia ‘tonalità emotiva’ lo richiede, ma nello stesso tempo quando esso sarà compiuto, questo ‘tono emotivo’ sarà ri/trasmesso solo dall’interprete, in mancanza di altri segni di interpretazione che la scrittura stessa è impossibilitata a trasmettere.
Una considerazione che emerge da questa analisi del linguaggio parlato e scritto è data da quel simbolismo intrinseco (1) del linguaggio stesso che specificamente rimanda a fattori di realtà che non sempre rappresentano la realtà stessa; inoltre nel linguaggio si instaura una necessità di comunicazione che contiene delle problematiche importanti da considerare: per esempio tra diversi interlocutori sarà impossibile stabilire se l’interpretazione data da uno di essi, attraverso l’uso di determinate parole e che si riferisce ad una determinata esperienza reale, possa essere realmente interpretato dall’altro interlocutore con lo stesso senso che era stato pensato inizialmente dal primo soggetto esprimente, quindi il linguaggio può essere inteso come un’espressione non perfettamente realizzata di ‘realtà’: il simbolo del linguaggio non è fruibile e percettibile a tutti nello stesso identico modo, la realtà potrebbe restare la mia realtà o addirittura la mia realtà può essere imposta come la ‘Realtà’, "generando anche inganno e violenza" – per parafrasare una  frase gorgiana.


Note di questa prima parte:
(1) Per Whitehead il simbolismo del linguaggio è un simbolismo più profondo del simbolismo   dell’architettura, dell’araldica o di altri tipi di simbolismi che sono suscettibili di essere accettati o meno in base ai sentimenti di una determinata epoca storica. Consultare il testo: Symbolism, Its Meaning and Effect - Chapter 1,1 (in edizione italiana: A. N. Whitehead - Simbolismo - Raffaello Cortina Editore) per l'approfondimento di questo aspetto del linguaggio.


2014@jahro'

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